Uno degli indicatori relativi a come l’IT (come mezzo) potrà portare ad impattare l’evoluzione del mondo del lavoro è come l’esplosione in generale dell’accesso alle tecnologie stia portando a nuovi “modelli” di lavoro, delocalizzati e, in molti casi nella “nuvola” di Internet.
Partendo dal generale esiste un fenomeno, che è stato definito come Crowdsourcing, che consiste, in pratica, nell’assegnare un “lavoro” ad un’entità sconosciuta e molteplice, tipicamente molto vasta.
Esiste già da tempo un fenomeno che, sfruttando il mezzo offerto da una comunicazione sempre più semplice ed efficace tra ogni punto del mondo, sfrutta le differenze culturali e salariali per trasformare il tradizionale concetto di “esternalizzazione” di uno specifico lavoro o progetto (che nel gergo IT viene definito Outsourcing), il fenomeno, definito genericamente Offshoring, riguarda moltissime industrie, e tra queste anche quella dell’informatica. Si tratta di trasferire un pezzo di produzione in parti del mondo dove il costo del lavoro è decisamente più basso, così da ridurre il costo complessivo di realizzazione di un processo.
Nell’informatica questo avviene moltissimo per lo sviluppo applicativo o per il supporto di primo livello, che viene spostato nei paesi dell’est (dall’europa), in India, o più recentemente (quantomeno il supporto) in Irlanda.
Con il Crowdsourcing si va decisamente oltre questo concetto. Si tratta di scomporre il lavoro in “micro” parti, e poi pubblicare la richiesta di esecuzione di questo lavoro (con i risultati attesi) nella nuvola, dove, chi ritiene di esserne in grado ed averne le capacità, può prendersi in carico quel pezzo del lavoro, eseguirlo e restituirne i risultati.
La somma di tutte queste attività, messe insieme, da il risultato finale, dove una generica “folla” (Crowd, appunto) di soggetti produce il lavoro finale.
E’ chiaro che questo tipo di approccio è complesso e si sposa ad alcuni processi specifici e non a tutti, ma deve far riflettere. Sicuramente ad oggi mancano molti presupposti, ed alcuni abilitatori, ma le domande che emergono dal valutare questa evoluzione sono diverse ed interessanti.
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Chi invece sta proponendo in chiave business questo approccio è Amazon, azienda interessante e particolarmente in fermento. Il suo approccio “cloud” al fenomeno è Amazon Mechanical Turk. Un “servizio” dove alcune aziende possono pubblicare alcune richieste di lavori (mini, dei task) e chi lo ritiene può sottoscriverle ed ottenere in cambio un pagamento.
Ad esempio questa attività (reale) dei “dolores lab” che pagano 0,25$ per ciascun sottoscrittore che legge delle storie e le organizzano in una sequenza di eventi.
Traduzioni, raccolte di informazioni, ricerche di mercato, creatività, data entry, scrittura di procedure informatiche, testing, raccolta di idee innovative?
Quante cose possono essere fatte in questo modo? Che futuro ci sarà dietro questo? Che impatto potrebbe avere (anche dal punto di vista sociale e politico), l’utilizzo di approcci come questo a livello istituzionale?
Chiudo con un ulteriore esempio concreto, interessantissimo: Qualche anno fa, Nathan Eagle, realizzò che dei 4,6 miliardi di persone che utilizzano un cellulare, circa il 75% viveva in paesi in via di sviluppo, e quindi disponeva già di uno strumento tecnologico mobile.
Ha realizzato quindi un servizio che ha chiamato Txteagle, che distribuisce piccoli lavori via SMS in cambio di piccoli pagamenti.
Provato ad immaginare lavori come la traduzione di un cartello stradale in lingue difficilmente conoscibili per aziende che realizzano sistemi di georeferenziazione (mappe satellitari), o tradurre parole in dialetti locali per iniziative di marketing, o ancora raccogliere informazioni sui prezzi delle materie prime o di altri mercati.
Sembra fantascienza? complesso da realizzare? Txteagle lavora con più di 220 operatori mobili ed ha raggiunto i 2 miliardi di sottoscrittori in 80 paesi.
Probabilmente il futuro è decisamente più travolgente e vicino di quanto si pensi.